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giovedì 29 gennaio 2015

Quando il nostro corpo diventa allergico e intollerante...

Ieri mattina, sfogliando il giornale davanti al cappuccino, mi è caduto l'occhio su un articolo. L'autore spiegava come un panel di esperti abbia partorito l'idea che si possa prevenire l'insorgere di alcune allergie e intolleranze assumendo fermenti lattici. Nello specifico, una donna incinta che si beva la sua fialetta di probiotico regolarmente proteggerebbe il proprio bimbo dal diventare un soggetto allergico.
Sono sicura che dietro questa 'scoperta' ci siano gli studi più approfonditi, la sintesi delle idee di brillanti menti e non, voglio sperare, una logica di bieco interesse commerciale. Tuttavia questa lettura mi ha richiamato alla mente le parole di un signore che di mestiere fa il contadino e il vignaiolo.

Nel bel documentario uscito lo scorso anno con il nome di Resistenza naturale, Johnathan Nassister racconta le storie di alcuni agricoltori fuori dal coro, che lavorano la terra in nome della parola d'ordine 'rispetto'. Rispetto per una natura che deve restituire loro i frutti, rispetto per i terreni, per le coltivazioni, per le piante. Rispetto per chi in quei campi ci lavora e per chi quei prodotti li consuma. Mi rendo conto che qualcuno potrebbe muovere facili critiche a questo gruppo di persone, bollandoli come un ennesimo capannello di intellettuali di sinistra, di radical chic un po' snob. Ma io ho trovato che la semplicità con cui 'giustificano' il loro modo di lavorare sia disarmante e almeno nei principi impossibile da non condividere.
Stefano Bellotti mostra la terra 'buona' e quella 'cattiva'
Tornando all'articolo di Repubblica, delle intolleranze, che sempre di più riguardano si declinano in allergie a qualche alimento, parla anche Stefano Bellotti, uno degli agricoltori intervistati da Nassister. Affascinanti: non riesco a trovare un'altra parola per descrivere i racconti di questo signore 55enne dall'incarnato chiaro e cosparso di efelidi, segnato dal sole dei campi. Storie della sua terra, un triangolo delimitato a sud dalle montagne alle spalle di Genova e a nord dalle colline dell'alessandrino. Ma anche della terra in generale, del dialogo costante che questa mantiene con le piante, con la luce e con il mondo minerale sotterraneo. Le piante dialogano con il sole, e con sottosuolo, dice.
Ebbene questo dialogo è stato gravemente disturbato quando non proprio interrotto dalle tecniche dell'agricoltura moderna, l'agrochimica, che privilegia la resa a scapito di tutto il resto. Dice Stefano: "Una pianta di grano coltivata con metodi di agricoltura naturali (biologici o biodinamici) penetra nel suolo fino a 12 metri di profondità con le sue radici e produce circa 5 km di filamenti radicali. Una pianta come si coltiva oggi penetra tra i 5-10 cm e produce poche centinaie di metri di filamenti radicali (...). C'è quindi una riduzione di 100 volte dell'apparato radicale! Quale dialogo può avere questa pianta con il mondo minerale? Abbiamo allora una pianta che non ci nutre più. E allora si diffondono le intolleranze alimentari, le allergie...".
Certamente siamo quello che mangiamo. E le intolleranze sono la malattia dei giorni nostri. Il mondo non ha tempo, deve produrre e guadagnare . E deve far uso a man bassa e in maniera sconsiderata di chimica, concimi di sintesi, mangimi agli antibiotici, per produrre e guadagnare ancora. Allora una mamma che prende i fermenti lattici ma ingurgita qualunque alimento prodotto in questo modo, davvero potrà evitare al suo bimbo di sviluppare un'allergia alimentare? Il nostro corpo potrebbe diventare intollerante per un motivo e allora forse siamo noi che non siamo abbastanza attenti, abbastanza critici e abbastanza umili per ascoltarlo. 

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